mercoledì 29 novembre 2017

Africo. Il paese più disgraziato della Calabria

La visita ad Africo, paese abbandonato nel 1951 è una delle più suggestive esperienze che è possibile fare in Aspromonte. Attraverso il Sentiero 113 tracciato da GEA (Ghorio di Roghudi - Africo - Casello Varì) è possibile in poche ore raggiungere da Passo Cancello i ruderi dell’abitato. 

sentiero 113

Africo, il paese della Calabria dimenticato da Dio. 

Il nome sembrerebbe derivare dal greco apricos o dal latino apricus che significa aperto, luminoso, esposto al sole una sorta di contrappasso visto il reale luogo dove il paese sorgeva; infatti l’abitato di Africo è stato edificato in un luogo isolato e chiuso tra il torrente Casalinuovo e l’Aposcipo. Un paese legato all’acqua come il suo Santo, San Leo che con l’acqua e attraverso l’acqua compiva i propri miracoli liberando e guarendo posseduti, ossessi e dementi. San Leo il santo della “pece” dal miracolo che gli valse la santità quando in un periodo di carestia riuscì, miracolosamente appunto, a trasformare la pece in pane. Quel pane “nero” che ricorda proprio la pece e che Zanotti Bianco ritrova durante il suo soggiorno. Il “pane di mischio” fatto da farina di lenticchie e orzo; talora anche con le ghiande sottratte ai maiali. 

la chiesa

piazza antistante

la scuola

particolare della facciata

abitazione contigua alla scuola

Una storia di rovine e di abitudini alle rovine come scrive Vito Teti ne “Il senso dei luoghi”. Zanotti bianco nel 1928 si ritrova catapultato in una realtà di miseria profonda, di assenza di cultura, di assenza di arte. La popolazione che il conte trova, abita ambienti angusti, di pochi metri, con letti di pagliericcio. Le condizioni igieniche sono inesistenti, animali e persone condividono gli stessi luoghi. Malaria, tubercolosi, tracoma affliggono e decimano la popolazione. Le viuzze del paese sono putride e viscide sembra quasi che la popolazione del posto non aspetti altro che perire. 

abitato

interno della chiesa

La situazione non migliora nemmeno 20 anni dopo quando Tino Petrelli, fotografo, insieme al pubblicista Tommaso Besozzi pubblicano per l’agenzia milanese Publifoto un reportage sulle condizioni di vita del piccolo paese aspromontano. Gli inviati trovano un paese identico a quello già descritto da Zanotti Bianco senza luce, acqua, senza botteghe né locande con le persone che vivono assieme alle bestie incapaci di produrre vino, olio o qualsivoglia alimento. Ad Africo non si vive si sopravvive. Besozzi definisce Africo “il più povero, il più triste, il più infelice di tutta la Calabria”.  Triste ecco la parola giusta perché si viene avvolti da una tristezza mistica mentre si cammina tra le strette viuzze. 

Africo 1948. Tino Petrelli

Africo 1948. Tino Petrelli

Africo 1948. Tino Petrelli

Africo 1948. Tino Petrelli

Sembra quasi che la pioggia che si abbatte tra domenica 11 novembre e giovedì 14 novembre del 1951 sia la punizione divina per l’ignavia di quel popolo. Frana la montagna che sovrasta l’abitato, muoiono decine di bestie e tre persone, le case crollano, la gente si rifugia all'interno della chiesa. Pregano. Pregano San Leo, il santo dell’acqua. 

Chiesa di San Leo

Oggi di quella storia restano poche testimonianze e del paese solo qualche rudere. La maggior parte dell’abitato è avvolto dai rovi quasi a inglobare per sempre quei posti. Rimane la chiesa e la piazza antistante, qualche casa e la scuola. Singolare è il cimitero le cui tombe sono state divelte e violate, alcune crollate per l’incuria. 

ruderi 
le antiche viuzze
Africo “paese fantasma". Non mi piace l'etichetta "fantasma", sarebbe meglio definirlo per cosa è realmente: ruderi. Ruderi e rovi. Quei ruderi che celano la memoria di un inglorioso passato devono essere visti, visitatati e valorizzati, no perché rappresentano uno scorcio di storia da conservare, proteggere e valorizzare ma perché restino a monito di quello che non dobbiamo più essere. Ultimi tra gli ultimi.  Relitti tra i relitti. Ruderi tra i ruderi.

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Reggio Calabria,
29 Novembre 2017

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